Cerimonia di conferimento del premio per teoria e tecnica della medicina nelle malattie infettive
Si è svolta il 7 maggio 2024, nella sede l’Accademia dei Lincei, la cerimonia di conferimento del Premio, istituito dalla Fondazione, per teoria e tecnica della medicina nelle malattie infettive.
La cerimonia si è aperta con i saluti del professor Roberto Antonelli, presidente dell’Accademia dei Lincei, che ha sottolineato l’importanza del Premio, non solo per l’entità, ma anche per la qualità della giuria esaminatrice e dei candidati. Ha preso quindi la parola il dottor Gianni Letta che ha ricordato le finalità della Fondazione e le tante iniziative da questa sostenute. Il professor Eugenio Gaudio, presidente della Commissione giudicatrice, ha illustrato i lavori della Commissione e ha presentato il vincitore scelto all’unanimità: il professor Umberto D’Alessandro, docente di Epidemiologia presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, che ha dedicato tutta la sua vita alla prevenzione e alla cura della malaria.
Il professor D’Alessandro, ha tenuto una lectio magistralis nel corso della quale, oltre a riferire con grande precisione sulla diffusione di questa malattia infettiva e sulle tante iniziative messe in campo per combatterla, ha voluto ricordare, non senza commozione, le tante troppe vittime e le difficoltà e gli ostacoli che ancora impediscono di immaginare un mondo senza più malaria.
La cerimonia si è conclusa con l’intervento da remoto della giovane antropologa Fatou Jaiteh, collaboratrice del professor D’Alessandro, alla quale la Fondazione ha conferito, su designazione del premiato, la borsa di studio prevista dal bando.
Qui di seguito si riporta l’articolo, a firma di FRANCESCA ROMANA DE’ ANGELIS apparso su “L’Osservatore romano” del 13 maggio 2024
Assegnato il premio «Teoria e tecnica della medicina»
Cultura e carità nella lotta alla malaria
di FRANCESCA ROMANA DE’ ANGELIS
Si è svolta il 7 maggio, nella sede dell’Accademia nazionale dei Lincei a Roma, la cerimonia di premiazione della prima edizione del premio «Teoria e tecnica della Medicina». È la più recente iniziativa della Fondazione Nicola Irti per le opere di carità e di cultura istituita da Natalino Irti e da Elena Angelini in memoria del figlio Nicola, prematuramente scomparso e in coerenza con i «nobili e generosi ideali della sua vita».
La cerimonia si è aperta con i saluti di Roberto Antonelli, presidente dell’Accademia dei Lincei, che ha parlato dell’importanza di questo premio, tra i più significativi in Italia non solo per l’entità, ma per la qualità della giuria esaminatrice e dei candidati, tutti di altissimo profilo.
Ha preso quindi la parola Gianni Letta che in uno splendido intervento ha introdotto le finalità della Fondazione Nicola Irti, riassunte nelle due parole che compaiono nella titolazione, cultura e carità. Soffermandosi sulla centralità di quest’ultima, nel richiamo alle parole di san Paolo «senza carità non siamo nessuno», Letta ha tracciato l’ideale profilo di una società che, nel respiro della ragione e della sapienza, trova una dimensione relazionale e affettiva nell’esercizio della carità che è mettersi al servizio degli altri, soccorrere chi ha bisogno. In questa tensione alla sinergia tra cultura e carità, finanziando iniziative di grande impatto sociale o venendo incontro ai sogni e ai bisogni di piccole comunità, la Fondazione ha realizzato tanti progetti di ricerca, sostegno e valorizzazione. Tra questi possiamo ricordare biblioteche per istituti scolastici, pubblicazione di libri, restauri conservativi, concerti di beneficenza, convegni di studi e una particolare attenzione al mondo delle carceri per costruire percorsi di recupero tesi all’inclusione sociale. E ancora da segnalare le importanti elargizioni, nell’emergenza del covid, in favore del Policlinico Gemelli di Roma e della Fondazione Pascale di Napoli, che rivelano tutta l’attenzione e la vicinanza della Fondazione Nicola Irti alla vita e ai bisogni dell’Italia.
Il premio «Teoria e tecnica della Medicina» si pone davvero all’avanguardia per novità e completezza di strutturazione. Innanzitutto, come specifica il titolo, guarda insieme allo studio, alla ricerca e all’applicazione, un inedito sguardo inclusivo che accoglie il piano teorico, diagnostico e terapeutico; è rivolto a studiosi italiani o stranieri con laurea in medicina, biologia, biotecnologie, ingegneria biomedica, nella consapevolezza che è sempre più necessaria la cooperazione tra competenze e quindi tra linguaggi diversi; di anno in anno viene individuato un ambito specifico nel campo medico, in questa prima edizione le malattie infettive, in modo da non trascurare alcun settore; prevede infine un’attenzione veramente preziosa ai giovani ricercatori perché, oltre alla somma destinata allo studioso premiato, è prevista una borsa di studio per una collaboratrice o un collaboratore
di età non superiore ai 35 anni.
Eugenio Gaudio, presidente della commissione giudicatrice, ha quindi preso la parola e presentato il vincitore scelto all’unanimità: Umberto D’Alessandro, docente di Epidemiologia presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, il cui principale interesse di ricerca è la malaria che a sua volta ha indicato come destinataria della borsa di studio la giovane gambiana Fatou Jaiteh.
Dopo aver esordito con due parole bellissime — gratitudine e umiltà — D’Alessandro ha tenuto una lectio magistralis che non è stata solo un resoconto dettagliato ed esaustivo sullo stato della malaria, sull’avanzare degli studi con i successi e gli inevitabili insuccessi di cui vive la scienza, ma il racconto struggente di una malattia che è ancora pericolo incombente e causa di tanta mortalità. Le cifre a volte non sono numeri, ma drammi umani sui quali riflettere: 245 milioni di malati nel mondo, 600mila decessi ogni anno, di cui il 70 per cento sono bambini sotto i 5 anni. Una malattia che, eradicata ormai nelle aree temperate del pianeta, è diffusa nelle zone tropicali e subtropicali ed è altamente endemica in Africa e che, come altre, si alimenta in un circolo vizioso: semina morte e povertà e prolifera nella povertà. D’Alessandro ha parlato di interventi preventivi, come zanzariere trattate con insetticidi, somministrazione di farmaci di massa, vaccini, nuovi strumenti diagnostici.
In più di un momento la sua voce ha tremato per la commozione al pensiero e al ricordo delle tante vittime della malaria e la stessa commozione ha attraversato la platea che, nel breve tempo della sua relazione, ha scoperto l’uomo insieme al medico e la coincidenza tra le finalità della Fondazione e la qualità del premiato, cosa che non accade di frequente.
Nei versi dolorosi del Lamento per il Sud, Salvatore Quasimodo ricordava la piaga di questa malattia quando era ancora diffusa in Italia: «Oh, il Sud è stanco di trascinare morti / in riva alle paludi di malaria». Questo lamento oggi dovrebbe essere di tutti gli uomini giusti di fronte a una malattia che per noi è qualcosa di lontano e di antico, ma che resta dolorosamente presente in tante parti del mondo.
Alla malaria ha pensato la Fondazione Nicola Irti con un riconoscimento che premia non solo uno scienziato in prima linea nel combatterla, ma un uomo che ha dedicato la vita e le risorse intellettuali ai fragili, agli esclusi, ai senza voce.
«Sogno un mondo senza malaria», così ha concluso D’Alessandro la sua lectio e a queste parole ha fatto eco Gianni Letta augurando lunga vita a un Premio che, nato dalla memoria dello sguardo fiducioso e solidale di Nicola Irti, pensa al bene e alla salute della comunità umana, nessuno escluso.